Entrando ad Erto credevo ci fossero fantasmi.
Tutto è fermo al 9 ottobre 1963, quando il fianco del monte Toc frano’ nell’invaso del Vajont.
Erto Vecchia è un paese di forti contrasti: buio rotto da spiragli di luce, ombre nette disegnate dal sole. Contrasti forti come forte è stata la storia del paese: la tragedia del Vajont, la disperazione, l’abbandono forzato.
Guardando le prime foto scattate trovavo tracce che mi spingevano a seguirle, e così per tutte le foto che scattavo, mi davano spunti per le successive, e via via, nel tentativo di trovare i fantasmi che si nascondevano dietro alle mura abbandonate.
Fantasmi che erano semplicemente le tracce del passato.
Con queste foto non pretendo di rappresentare Erto; cerco piuttosto di usare la fotografia come pretesto per pensare, riflettere, immedesimarmi in chi, un giorno, si vide costretto ad abbandonare tutto.
Ho girato per Erto, a volte deserto, a volte affollato come la sera del Venerdi Santo, quando la rievocazione della passione riempie il paese.
Non saprei dove altro si possa rappresentare se non qui, non c’ è scenografia migliore; sembra commemorare piu’ il calvario di questa gente che la Passione di Cristo.
Ho visto tracce della vecchia Erto.
Tracce del passato.
Tracce dell’abbandono.
Tracce di chi ostinatamente è restato.
Tracce di tradizioni che resistono.
Tracce.